Carini, Pa, sono passati 48 anni da quel 5 maggio del 1972 ma ancora il ricordo è vivo.
Sui fatti si è detto, scritto, raccontato molto, c’è stato anche un processo a Catania, con varie istanze prima chiuse e poi riaperte. Ma, nonostante ciò, i fatti rimangono carichi di dubbi.
Erano le 21.46, quando il volo AZ112 parte da Roma, direzione Punta Raisi. Al comando del velivolo il capitano e il personale di bordo hanno anni ed anni di esperienza alle spalle. Nell’ultima comunicazione con la torre di controllo l’aereo era in dirittura di atterraggio verso Punta Raisi. Il tempo era perfetto, non c’èra vento ed il cielo era sereno.
Dopo questo ultimo messaggio saranno vani i tentativi della torre di controllo di comunicare con il personale di bordo.
Pochi minuti dopo il boato, seguito da un bagliore che illuminò il cielo, quasi come se fosse giorno. L’aereo si schianta a Carini, nella montagna. Il pianoro di montagna Longa diventa un cimitero di detriti e morti. Diversi passeggeri sono sbalzati fuori dall’aereo, la prua ed i motori rotolano sul versante della montagna, lato Carini, mentre il resto rimane riverso nella cima.
I soccorsi arrivano solo verso mezzanotte e ciò che trovano fa rabbrividire: corpi carbonizzati, altri ridotti a brandelli dall’impatto, tutti sparsi nel giro di mezzo chilometro. Si aspettano le luci dell’alba per recuperarli. Saranno poi 115 i morti accertati.
Tutti i presenti a bordo – 108 passeggeri e 7 membri dell’equipaggio – rimasero uccisi, lasciando 98 orfani e 50 vedove.
La maggior parte delle vittime erano di ritorno nel capoluogo siciliano per votare alle elezioni politiche italiane del 1972.
Il coordinamento del recupero dei resti dell’aereo fu affidato al Colonnello Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso 10 anni dopo dalla mafia. Di fatto però mai nessuno analizzò se i resti ritrovati dell’aereo fossero compatibili con una esplosione a bordo.
A bordo tra i passeggeri del volo AZ112 erano presenti il Comandante della Guardia di Finanza di Palermo ed il magistrato Ignazio Alcamo, Letterio Maggiore. Con loro anche colui che fu il medico personale di Salvatore Giuliano, che poi collaborò con la giustizia e fece arrestare numerosi mafiosi.
La scatola nera fu affidata al colonnello Giuseppe Russo, ucciso per mafia nel 1977.
Come effettivamente sia accaduta la tragedia non si sa. Di fatto sono state rinvenute parecchie testimonianze ed incongruenze, che ormai rimarranno tali fino alla fine dei giorni.